L’epidemia di ebola che imperversa nella Repubblica Democratica del Congo ha già reso orfani più di 1300 bambini. Molti altri sono costretti a stare lontani dai genitori per settimane. L’UNICEF si impegna per identificare e assistere questi bimbi.
La Repubblica Democratica del Congo non riesce a contenere la diffusione del virus. Non è la prima epidemia di ebola che colpisce il paese, eppure questa volta molte cose sono diverse, a partire dalla quantità di bambini coinvolti: quasi un terzo dei casi confermati riguarda minorenni, molti dei quali di pochi mesi o anni. In totale, le stime ufficiali parlano di quasi 1800 morti.
Di pari passo con i contagi, cresce anche il numero di minori che hanno perso i genitori oppure costretti a starne lontani. Dai primi casi segnalati poco più di un anno fa, l’UNICEF e i suoi partner hanno registrato 1380 orfani. Quasi 2500 bambini sono stati messi in isolamento perché entrati in contatto con persone infette o lasciati soli dai genitori malati.
«Per i bambini è particolarmente dura», spiega Pierre Ferry, responsabile per l’UNICEF dei programmi di protezione dell’infanzia nella Repubblica Democratica del Congo. «Vedono i genitori morire davanti ai loro occhi o i familiari venire ricoverati nei centri di trattamento senza sapere se mai li rivedranno. Lottano contro la tristezza e la paura, devono consolare e occuparsi dei fratellini più piccoli, e in più sono vittime di discriminazione, stigmatizzazione ed esclusione.»
L’UNICEF collabora a stretto contatto con partner e comunità per identificare tempestivamente i bambini nel bisogno e assisterli in modo appropriato. A questo scopo, ha finora formato più di novecento operatori locali e gestisce, accanto ai maggiori centri di trattamento, tre centri diurni nei quali sopravvissuti all’ebola, ora immuni, si occupano dei figli dei pazienti.