Quasi 30 000 bambini del Burundi vivono nel campo profughi Mahama in Ruanda. L’UNICEF fa sì che questi bambini e bambine abbiano un’infanzia e un futuro, nonostante le condizioni difficili.
La situazione
Lo stato del Burundi, nell’Africa dell’est, è segnato da un conflitto iniziato nel 2015 nell’ex capitale Bujumbura ed estesosi gradualmente alle zone rurali. Da allora, il timore di persecuzioni politiche, ma anche la fame diffusa ovunque, hanno costretto centinaia di migliaia di persone a fuggire negli Stati confinanti, Ruanda, Tanzania e Uganda.
Quasi 60 000 profughi del Burundi, di cui la metà bambini, hanno trovato rifugio nel campo di Mahama in Ruanda, che però non è un posto adatto ai bambini. Questi vivono stipati in alloggi provvisori o tende insieme a persone estranee. Poiché nel campo non ci sono generi alimentari a sufficienza, molti bambini sono costretti a lavorare. Le poche scuole sono irrimediabilmente sovraffollate.
Cosa ha realizzato l'UNICEF grazie al suo aiuto
L’UNICEF opera in Ruanda già dal 1986 e fornisce aiuti di emergenza nel Paese. In collaborazione con altre organizzazioni ONU, l’UNICEF si impegna affinché i bambini e le loro famiglie nel campo di Mahama abbiano un alloggio, siano riforniti di acqua e generi alimentari, possano andare a scuola e, se necessario, ricevano assistenza medica. Inoltre, l’UNICEF favorisce il ricongiungimento familiare dei bambini che sono stati separati dai genitori durante la fuga.
Nell’ambito di questo programma, sostenuto da UNICEF Svizzera e Liechtenstein dal 2018 al dicembre 2021, sono stati ideati moduli in cui i collaboratori del campo ricevono una formazione sul modo di rapportarsi con i bambini profughi. Oltre a ciò, è stato reso possibile l’accesso a servizi di sostegno psicosociale per i bambini colpiti, per esempio migliorando le zone a misura di bambino.
Per garantire lo sviluppo e la protezione dei bambini profughi, l’UNICEF ha implementato un programma di protezione dell’infanzia a livello nazionale, che permette ai bambini di avere accesso a servizi di protezione dell’infanzia già esistenti nei comuni, e di essere inseriti nel programma di protezione nazionale.