L’impatto della chiusura delle scuole a causa della pandemia è senza precedenti: milioni di bambini sono privati dell’istruzione, ma anche di una fonte sicura di cibo. L’UNICEF e il PAM mettono in guardia sulle conseguenze potenzialmente catastrofiche.
L’alimentazione deve avere la precedenza nei piani di riapertura degli istituti. Per molti bambini, infatti, quello ricevuto a scuola è spesso l’unico pasto della giornata.
Come indica il rapporto «COVID-19: Missing More Than a Classroom» del PAM e del Centro di Ricerca Innocenti dell’UNICEF, dall’inizio della pandemia di Covid-19 nel mondo sono venuti a mancare oltre 39 miliardi di pasti a causa dei confinamenti, il che corrisponde a un calo medio del 40 per cento per 370 milioni di bambini in 150 paesi. Nei paesi a basso e medio reddito, inoltre, si è assistito a una diminuzione del 30 per cento dei servizi in questo ambito, dai programmi alimentari e per la cura della denutrizione infantile alla distribuzione di micronutrienti. Le conseguenze sono devastanti.
Secondo le stime, la pandemia causerà una contrazione dell’indice di sviluppo umano (ISU) per la prima volta dall’inizio dei rilevamenti e la recessione economica spingerà nella miseria tra 88 e 115 milioni di persone. Il numero di persone costrette a vivere con meno di 1.90 dollari al giorno, circa 729 milioni, non era così elevato da oltre vent’anni. La perdita di reddito e il drastico calo delle rimesse porteranno il numero di persone minacciate dall’insicurezza alimentare da 135 a 265 milioni, tra cui 74 milioni di bambini.
Le carenze nutrizionali e altre forme di malnutrizione erano già tragicamente diffuse prima dell’arrivo del Covid-19: 690 milioni di persone, ossia l’8,9 per cento della popolazione mondiale, soffrivano di denutrizione, 135 milioni in 55 paesi erano colpite da crisi alimentari e due miliardi non avevano accesso a cibo sicuro e sostanzioso. Dati precedenti la pandemia mostrano che in 68 Stati il 50 per cento circa degli adolescenti tra i tredici e i diciassette anni dichiarava di aver già provato i morsi della fame, e che in alcune regioni fino a due terzi dei giovani tra i quindici e i diciannove anni erano sottopeso.
La crisi legata al coronavirus acuisce questi problemi e potrebbe gettare altri 121 milioni di persone in una gravissima insicurezza alimentare.
«La sospensione dei pasti scolastici mette a rischio il futuro di milioni di bambini tra i più poveri al mondo. Rischiamo di perdere un’intera generazione.»
I pasti scolastici sono imprescindibili per la crescita e lo sviluppo, e un forte incentivo economico per i genitori e la comunità a mandare a scuola i figli. Studi recenti stimano che a causa della pandemia 24 milioni di allievi - in particolare le femmine e i bambini più poveri ed emarginati – rischiano di dover abbandonare gli studi, cosicché i progressi compiuti negli ultimi decenni nel quadro della scolarizzazione verrebbero praticamente azzerati. Il protrarsi dei confinamenti espone inoltre i bambini alla povertà, alla violenza domestica e a pratiche tradizionali. Gravidanze indesiderate, prostituzione e matrimoni precoci sono solo alcune delle conseguenze.
Dall’inizio della pandemia, l’UNICEF sostiene i governi affinché mantengano i servizi alimentari scolastici. Nel 2020, quasi 25 milioni di alunni hanno beneficiato di programmi di prevenzione dell’anemia comprendenti educazione e consulenza nutrizionali, la distribuzione di integratori di ferro e di altri micronutrienti essenziali, e la profilassi contro i vermi intestinali.
L’UNICEF e il PAM invitano i governi a dare priorità alla riapertura delle scuole e al contempo a fare in modo che le esigenze dei bambini in materia di salute e cibo siano soddisfatte grazie a programmi di alimentazione scolastica completi e di qualità.
È giunto il momento di investire in soluzioni a sostegno non solo dell’attuale generazione di allievi, ma anche di quelle future.