Le condizioni di vita nella città siriana di Raqqa peggiorano di giorno in giorno. Decine di migliaia di persone vi sono prigioniere, senza acqua potabile, corrente e assistenza medica, e con viveri vieppiù scarsi. Ogni passo fuori della porta di casa è un rischio, per non parlare dei pericoli a cui si espone chi tenta la fuga dall’assedio.
La situazione a Raqqa non fa che peggiorare. Tra le 30 000 e le 50 000 persone vi sono prigioniere, circa la metà sono bambini. Mancano informazioni di prima mano, anche perché da settimane gli operatori umanitari non vi hanno più accesso. L’unico fatto certo è che la vita entro le mura della città siriana è un inferno. Da oltre un mese, non ci sono né acqua potabile né corrente, i viveri stanno finendo e i prezzi dei generi alimentari sono alle stelle. L’assistenza medica è praticamente inesistente e ogni minimo spostamento comporta il rischio di essere colpiti da bombe e proiettili.
Per mera disperazione, numerose famiglie continuano a tentare, per lo più invano, la fuga dall’assedio. Da aprile, sono state deportate oltre 200 000 persone, la metà bambini. Sono più di 62 000 coloro che vivono in tendopoli provvisorie nella terra di nessuno, con temperature che possono raggiungere i cinquanta gradi.
Quando dopo giorni o settimane i bimbi più piccoli riescono a raggiungere un campo di raccolta, sono distrutti e disidratati. Raccontano di bombe e cecchini, di strade disseminate di mine. Molti hanno assistito all’uccisione di familiari o li hanno persi di vista nella concitazione della fuga. La maggior parte di loro non va a scuola da anni.
La squadra dell’UNICEF in Siria lavora ventiquattr’ore su ventiquattro per raggiungere quanti più bambini possibile. Ogni giorno, distribuisce articoli per l’igiene personale e 450 000 litri di acqua potabile nei campi profughi, e installa impianti sanitari. I bambini malnutriti e le donne incinte ricevono integratori alimentari, i ragazzini malati o feriti vengono curati. In speciali zone a misura di bambino, i piccoli traumatizzati ritrovano una parvenza di normalità giocando e apprendendo sotto la guida di operatori appositamente formati.
Al contempo, l’UNICEF si prepara a nuove ondate di profughi nella regione. Le organizzazioni umanitarie non possono entrare a Raqqa, ma chi riesce a uscirne deve poter essere aiutato.